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16 ottobre 2020

Review Party: 'La Guerra dei Papaveri' (La Guerra dei Papaveri #1) - R. F. Kuang


Buongiornissimo, amici.


Oggi sono ENTUSIASTA di potervi parlare di un fantasy di ispirazione cinese e un’opera che a collocarsi in quel meraviglioso sottogenere che mischia culture diverse e coraggiosamente gioca con le regole ‘classiche’ del fantasy per costruire qualcosa di nuovo.

Una nuova cultura, diversa da quella occidentale a cui siamo tanto abituati, in un contesto fantasy è sempre una cosa positiva e se poi questa cultura è di origine asiatica, io non posso che andare in un brodo di giuggiole.


No, non sto parlando del seguito de La Grazia dei Re, ma della nuova perla uscita per Oscar Vault da pochissimo, La Guerra dei Papaveri.


Grazie a Silvia per aver organizzato e alla CE per la copia omaggio!


Trama


Rin ha passato a pieni voti il kējǔ, il difficile esame con cui in tutto l’Impero vengono selezionati i giovani più talentuosi che andranno a studiare all’Accademia. Ed è stata una sorpresa per tutti: per i censori, increduli che un’orfana di guerra della provincia di Jī potesse superarlo senza imbrogliare; per i genitori affidatari di Rin, che pensavano di poterla finalmente dare in sposa e finanziare così la loro impresa criminale; e per la stessa Rin, finalmente libera da una vita di schiavitù e disperazione. Il fatto che sia entrata alla Sinegard – la scuola militare più esclusiva del Nikan – è stato ancora più sorprendente.


Ma le sorprese non sono sempre buone.


Perché essere una contadina del Sud dalla pelle scura non è una cosa facile alla Sinegard. Presa subito di mira dai compagni, tutti provenienti dalle famiglie più in vista del Paese, Rin scopre di avere un dono letale: l’antica e semileggendaria arte sciamanica.


Man mano che indaga le proprie facoltà, grazie a un insegnante apparentemente folle e all’uso dei papaveri da oppio, Rin si rende conto che le divinità credute defunte da tempo sono invece più vive che mai, e che imparare a dominare il suo potere può significare molto più che non sopravvivere a scuola: è forse l’unico modo per salvare la sua gente, minacciata dalla Federazione di Mugen, che la sta spingendo verso il baratro di una Terza guerra dei papaveri.


Il prezzo da pagare, però, potrebbe essere davvero troppo alto.


La serie è composta da...

01. La Guerra dei Papaveri

02. The Dragon Republic (inedito in Italia)
03. The Burning God (inedito)


Recensione:



La primissima cosa degna di nota de La Guerra dei Papaveri è che fa parte di quel magico sottogenere del fantasy asiatico che mi ha conquistata con La Grazia dei Re e che si riconferma un piccolo baule di meraviglie con questo. Ma di ciò parliamo tra un secondo.


Per iniziare la recensione vorrei raccontavi brevemente come è stata la mia esperienza di lettura de La Guerra dei Papaveri, perchè merita di essere raccontata ahahah. Ho iniziato a leggerlo pochi giorni fa e dalle prime 50/100 pagine mi sono detta ‘Oddio, inizia come Memorie di una Geisha’. Si, no, cioè, alt, già vi vedo con i forconi.

Le differenze sono ovviamente molteplici, prima fra tutte il paese di ambientazione che nel caso de La Guerra dei Papaveri è di ispirazione cinese, mentre per Memorie di una Geisha è il Giappone, ma il rapporto della protagonista con la zia, il suo essere stata adottata, schiavizzata e poi letteralmente scaricata (si, per motivi diversi, lo so), mi ha subito ricordato quest’ultimo.

Ovviamente le similitudini finiscono lì, ma dovete sapere che io ho letto e amato Memorie di una Geisha e lo ritengo un libro splendido, dunque questo non ha fatto che mettere La Guerra dei Papaveri in ottima luce.


Le similitudini finiscono quasi subito, dato che la protagonista Rin non viene venduta ad una casa per Geishe (lol), ma anzi supera un esame complicatissimo e viene ammessa ad una prestigiosa scuola di addestramento per soldati scelti. In questa scuola imparerà l’arte della guerra in ogni sua forma, potendo dopo qualche tempo scegliere una disciplina specifica in cui specializzarsi, e si dedicherà anima e corpo a diventare un soldato provetto. Scoprirà però molto presto che in lei c’è del potere antico che a lungo è rimasto sopito e ora pretende di essere liberato. Il regno di Rin è in pericolo, minacciato da una grande potenza, e il suo potere sarà decisivo nella lotta per il dominio.


Dopo esserci lasciati alle spalle le similitudini con Memorie di una Geisha, ho divorato il resto del libro in pochi giorni, perché non riuscivo davvero a metterlo giù. Cos’ha di tanto speciale La Guerra dei Papaveri?



Sicuramente una delle più grandi attrattive è il connubio di elementi asiatici e occidentali, fusi in un fantasy originale come ben pochi altri (e uno di questi è La Grazia dei Re). Questo libro urla ‘Asia’ e nella fattispecie urla ‘Cina’. Molti sono infatti gli elementi della cultura e della letteratura cinese inseriti all’interno della storia, dall’importanza dell’onore e della fedeltà al rispetto ossequioso delle gerarchie, dalle citazioni a Sun Tzu alla storia decisamente affine alla storia della Cina (per chi ha avuto la (s)fortuna di studiare la storia cinese, ditemi che la mente non è subito andata al periodo degli Stati Combattenti quando Rin spiega del grande periodo di lotte tra piccoli staterelli poi unificati in un grande Impero, dai!). Credo che la capacità di mischiare questi elementi tipici della cultura asiatica ad una storia fantasy sia incredibilmente stimolante e ahimè poco considerata nel panorama letterario occidentale. Dunque ben vengano queste opere che trattano il fantasy in maniera diversa!



Altro elemento notevole a mio parere e che farà andare in un brodo di giuggiole gli appassionati dell’epic fantasy come la sottoscritta, è la presenza massiccia di strategia militare all’interno della trama. La strategia è vitale, è il corpo principale della storia e muove le azioni della gran parte dei personaggi. Non è dunque una semplice storia dove si vede l’esercito A fare guerra all’esercito B, ma è pregna di politica, tattiche spesso scorrette per prevalere sul nemico e stratagemmi disperati per vincere sull’altro. Chiaramente, c’è strategia, quindi c’è anche tanta guerra e di conseguenza tanta violenza: non edulcorare nessun aspetto della battaglia è un bene ed un merito, ma raccomando uno stomaco forte o certi passaggi possono impressionare.


Se poi vi appassiona vedere delle questioni etiche inserite all’interno della storia, allora questa è sicuramente una serie per voi. Molte sono infatti le scelte eticamente discutibili - una per tutti: è legittimo sacrificare un’intera città per prevenire un sacrificio decisamente più grande? Il massacro è giustificabile? Il ‘sacrificarne pochi per salvarne tanti’ esiste davvero ed è scusabile? - che i nostri eroi si trovano ad affrontare e spesso opinabili sono le decisioni che prendono.


Come avrete quindi capito, il contesto e il world-building di questo libro è incredibilmente stratificato, ricco di sfumature e spunti e per me molto ben costruito. 


Riguardo ai personaggi, assolutamente nulla da dire. Costruire un intreccio convincente con decine di personaggi diversi e riuscendo a caratterizzarli bene non è mai semplice. A maggior ragione se si vuole mischiare il tutto con nozioni di geografia, politica, religione e sciamanesimo, ma ne La Guerra dei Papaveri ciò è riuscito. Mi trovo quindi a ripetere quello che ho detto per La Grazia dei Re (si, sono due libri molto simili) e cioè che questo libro appartiene a quel genere di fantasy per il quale serve ogni tanto rileggere la lista dei nomi e dei personaggi così da non perdersi, ma la storia rimane godibile, avvincente e tutto sommato non da l’impressione di essersi persi per strada chissà dove chissà quando.


Veniamo ora alle note dolenti, che ahimè ci sono.


Se vi dico scuola di combattimento dove ogni alunno affina le proprie abilità dovendo poi superare un esame finale per poter accedere alla specializzazione in una delle discipline studiate cosa vi viene in mente? Già, Il Nome del Vento.


Se vi dico magia elementale collegata a delle forze superiori? Già, Il Nome del Vento (circa, con le dovute differenze).


Se vi dico un povero orfanello che viene ammesso ad una scuola esclusiva e sviluppa immediatamente una forte rivalità con qualcuno di incredibilmente ricco da sempre addestrato proprio per quello? Indovinate un po’? Si, Il Nome del Vento.


Purtroppo l’idea della scuola è un trope utilizzato in lungo e in largo e ormai penso lasci indifferente quasi chiunque. Non ne ho granché apprezzato l’insegnamento, soprattutto perché la storia poi parla di tutt’altro e la parte dedicatagli è relativamente poco importante. Un altro piccolo difetto è l'inserimento di molte spiegazioni nel corso della narrazione. Si, aiutano a capire, ma interrompono spesso la lettura rendendola più difficoltosa.


Quindi grandi potenzialità che purtroppo scadono un po’ nel momento in cui si fa ricorso a temi così scontati. Il mio giudizio sul libro è però globalmente positivo e se siete appassionati del genere, correte a recuperarlo!


Verdetto: 


 


Complimenti, più che Eccezionale!


E questo è tutto anche per oggi, a presto!



Rainy

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