8 giugno 2019

Non Solo Libri - Black Mirror 5: Cosa ne pensiamo?



Buongiorno cari!

Oggi parliamo dell’ultima novità di giugno in quanto a serie tv e in particolare di un qualcosa di cui abbiamo già parlato qui.

Mi sto naturalmente riferendo a Black Mirror e se siete familiari con le mie opinioni su questa serie sapete che ne sono OSSESSIONATA!

Il 5 giugno è uscita la tanto attesa quinta stagione dopo quell’assaggio abbastanza corposo che era stato Bandersnatch, a inizio 2019. Ora però siamo di nuovo back at it, girl: una nuova stagione, una stagione seria e completa, non più un episodio singolo per soddisfare momentaneamente i fan.

Cosa è successo, però, con questa quinta stagione? Questo, in sostanza, è un post in cui ve ne parlo e analizzo quelli che secondo me sono i punti di forza di questi nuovi episodi e soprattutto i loro difetti!

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Prima di tutto qualche precisazione tecnica: sono solamente tre episodi, che effettivamente è molto poco rispetto alle altre stagioni, ma è stato giustificato dicendo che la preparazione di Bandersnatch ha richiesto molto più tempo e più sforzi del previsto e dunque si preferiva far uscire solo tre episodi, ma solidi e belli (e estremamente lunghi), che farne di più compromettendo la qualità della serie. 

Che dire, condivisibile. Se solo questi episodi fossero solidi e belli lol (di sicuro però sono lunghi). BOOOOOM, DRAMA ENTERS.

Sostanzialmente non era un segreto che i produttori di Black Mirror volessero iniziare a fare episodi più speranzosi, più positivi come San Junipero o Hang the DJ. E’ però anche vero che quello che mi (e ci) aveva fatto appassionare a Black Mirror è paradossalmente la sua crudeltà e il suo non guardare il faccia a nessuno. La voglia di capire fin dove si sarebbero spinti i produttori e il regista nell’approfondire lo schifo raggiungibile dall’umanità era ciò che mi spingeva a guardare un episodio dopo l’altro, a non abbandonare la serie. Dunque immagino un po’ tutti noi ci chiedessimo se questa vena “speranzosa” avrebbe snaturato la serie o l’avrebbe trasformata in un prodotto nuovo.

Be’, posso dire che sono accadute entrambe le cose date le enormi differenze tra un episodio e l’altro.

Andiamo dunque a parlare di questi tre episodi fantastagorici nei dettagli per continuare un po’ il discorso.

 La serie si apre con STRIKING VIPERS, un episodio che sostanzialmente analizza le relazioni amorose costruite grazie ad app/dating systems online, le nostre molteplici identità virtuali mischiando il tutto con l’assottigliarsi del confine tra fedeltà/infedeltà, eterosessualità/omosessualità, amicizia/amore. I due protagonisti, Danny - sposato e con un figlio - e Karl - saltellante da una relazione all’altra con donne molto più giovani, sono amici da moltissimi anni e condividono la passione per i videogiochi. Karl regala a Danny questo nuovo gioco, Striking Vipers, appunto, nel quale i due amici impersonano i loro personaggi preferiti stile Mortal Kombat e lottano tra di loro. I due amici entrano in uno stato di paralisi sul divano mentre le loro menti sono completamente immerse nella realtà virtuale. Peccato che, quando sono dentro il gioco, una forte passione scatti tra i due amici, facendoli dubitare di tutte le loro certezze riguardo alla propria identità, sessuale e non. 

Patti chiari e amicizia lunga: Striking Vipers non è un bell’episodio. Ne abbiamo visti di molto più belli, traumatizzanti e coinvolgenti e questo non regge il confronto. La cosa positiva però è che qui viene preservato almeno un po’ quel senso di amarezza che faceva da padrone in molti episodi precedenti e che era un elemento caratterizzante della serie. Il finale è amaro e crudele proprio come piace ai fan hard core della serie, ma abbiamo visto sia di peggio (in quanto a cattiveria) sia di meglio (in quanto a qualità degli episodi). Se si vuole far riflettere sulle relazioni e sull’identità sessuale si è fallito miseramente, perché non emerge nessun particolare messaggio. Degno di nota il finale disincantato che guarda freddamente alla “famiglia”, ridotta a un qualcosa di facciata e di apparenza (come era in Messaggio al Primo Ministro o The Entire History of You), ma non ci si spinge mai in là come nelle prime stagioni. 


Si prosegue con SMITHEREENS, in cui un guidatore di un servizio taxi stile Uber preleva un giovane ragazzo che esce dalla sede operativa della multinazionale Smithereens pensando che sia qualcuno di importante per l’azienda e lo rapisce. In realtà il giovane è solo uno stagista, non proprio la vittima che il tassista si aspettava. Nonostante lo sbaglio, il tassista obbliga lo stagista a chiamare i suoi superiori a catena per poter riuscire a parlare con il presidente della compagnia, Billy Bauer. Nel mentre la polizia viene a scoprire di questo rapimento e circonda l’auto (finita in panne in un prato) del tassista dove il giovane è rinchiuso. Lo stagista chiama il suo superiore, che chiama il suo superiore, che chiama il suo superiore, bla bla bla, fino ad arrivare a Billy. 

Anche qui abbiamo un finale amaro e per di più poco chiaro. La riflessione è evidente: l’uso del telefono e dei social alla guida genera grandi pericoli sia per il guidatore sia per chi gli sta intorno e allo stesso tempo l’assuefazione da social network è ormai un problema reale e attuale. L’episodio non è ambientato in un futuro dispotico e terribile, ma è un chiaro richiamo ai giorni nostri e invita lo spettatore  a riflettere su come i pericoli della tecnologia siano già ben presenti nella nostra quotidianità (e questo è esattamente uno degli elementi che forse trasformeranno la serie in un nuovo prodotto, rivolto maggiormente alla nostra quotidianità e al nostro presente). Sicuramente il messaggio è nobile, ma l’episodio rimane piatto, privo dei momenti di qualità di tanti altri episodi precedenti e l’unico elemento degno di nota a mio parere è la presenza dei fotogrammi finali che rivelano la classica indifferenza delle persone comuni alle tragedie (e dei dirigenti per i poveri impiegati comuni), e di come l’usare il telefono alla guida sia una pessima abitudine molto diffusa. Un tocco che ricorda l’amarezza del Black Mirror che tanto amavano, ma senza spingersi più in là.

L’ultimo episodio, RACHEL, JACK, AND ASHLEY TOO, era sicuramente il più atteso per la presenza della star d’eccezione Miley Cyrus, ma rimane anche il peggiore, a mio parere. Più che un episodio di Black Mirror sembra una favola per ragazzine, un film con uno scontato lieto fine alla “segui i tuoi sogni e tutto andrà bene”. 
Seguiamo le vicende di Rachel, giovane ragazzina fissata con la popstar Ashley e che ha impulsivamente acquistato una delle belle bambole dotate di intelligenza artificiale modellate sulla personalità del suo idolo. Naturalmente, dato che queste bambole sono a tutti gli effetti dei piccoli robot pensanti che si muovono a loro piacimento in giro per la casa, io avevo subito pensato a terribili scenari in cui questi esserini uccidevano l’umanità per conquistare il mondo (stile Metalhead), invece questo episodio è decisamente più banale. La pop-star in carne ed ossa è in realtà schiavizzata dalla zia, che vede in lei solo una macchina per fare soldi, quando invece la ragazza ha una salute psicologica e fisica tutt’altro che radiosa. Ashley va incontro a terribili esperienze per colpa della zia e quelle bamboline elettroniche saranno proprio la chiave per salvarla (si, Rachel e sua sorella Jack saranno le prescelte per infiltrarsi in casa sua e salvare la vita della popstar). Rimandi evidenti a White Christmas inclusi!

Come ho già detto è l’episodio peggiore. Sembra un film per ragazzine in cui due superstar hanno l’occasione di incontrare la loro popstar preferita e fare qualcosa per lei, guadagnandone la stima.
In finale poi è davvero da B-Movie. Il principale tema dell’episodio è lo sfruttamento delle popstar nella loro industria ed è un argomento di cui effettivamente non si parla spesso, ma trattato come viene trattato qui perde ogni traccia di realismo.




Insomma, eccoci qua. A parlare della rovina di una serie.

Come ho detto alcuni elementi hanno trasformato Black Mirror, come il rivolgersi alla quotidianità e non più solo a misteriosi futuri lontani. Il resto però è servito solo a snaturare la serie e a rammollirla.

Siamo lontani dai fasti degli inizi e ahimè temo non vi torneremo mai se non con un drastico cambio.

Speriamo nella sesta, insomma!

Voi che ne pensate? L’avete vista? Vi è piaciuta o concordate con me per alcune cose?
A presto!
Rainy

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