Buongiornissimo, kaffè e kissini, amici.
In sostanza… Oggi parliamo di una delusione, purtroppo. Sapete che il primo mi era piaciuto abbastanza (qui la recensione) e sapete che aspettavo con ansia di poter sapere qualcosa di più di questo universo. Peccato che Il Regno di Rame, secondo libro della trilogia ispirata al mondo arabo della Chakraborty, sia stato per me una grande delusione e ora vi spiego sostanzialmente perché.
Ringrazio Nia per aver organizzato pazientemente l’evento e ringrazio la CE Mondadori per la copia in anteprima.
Trama
La vita di Nahri è cambiata per sempre nel momento in cui ha accidentalmente evocato Dara, un misterioso jinn. Fuggita dalla sua casa al Cairo, si è ritrovata nell'abbagliante corte reale di Daevabad, immersa nelle cupe conseguenze di una battaglia devastante, e lì ha scoperto di aver bisogno di tutto il suo istinto truffaldino per sopravvivere. Anche se accetta il suo ruolo ereditario, sa di essere intrappolata in una gabbia dorata, controllata da un sovrano che governa dal trono che una volta apparteneva alla sua famiglia: basterà un passo falso per far condannare la sua tribù. Nel frattempo, Ali è stato esiliato per aver osato sfidare suo padre. Braccato dagli assassini, è costretto a fare affidamento sui poteri spaventosi che gli hanno donato i marid. Così facendo, però, minaccia di portare alla luce un terribile segreto che la sua famiglia ha tenuto nascosto a lungo. Intanto, nel desolato nord, si sta sviluppando una minaccia invisibile. È una forza capace di portare una tempesta di fuoco proprio alle porte della città. Un potere che richiede l'intervento di un guerriero combattuto tra un feroce dovere a cui non potrà mai sottrarsi e una pace che teme di non meritare mai.
Recensione:
Amici, amici. Aiuto.
L’unica cosa che mi sento di dire di questo libro è boh, raga, ma prima permettetemi di darvi qualche dettaglio.
Il Regno di Rame è ambientato cinque anni dopo la fine de La Città di Ottone e troviamo la nostra solita triade di eroi - Nahri, Ali e Dara - dove li abbiamo lasciati, o quasi.
Ali deve fare i conti con dei nuovi strabilianti poteri acquisti dai perfidi Marid alla fine del primo libro e come se non bastasse è stato esiliato e mandato a morire lontano da casa. E’ proprio qui però che si unisce ad una tribù che non ha particolarmente in simpatia suo padre o la famiglia reale, pian piano ritagliandosi un nuovo posto nel mondo.
Dara è vivo, ma deve fare i conti con nuovi poteri che lo turbano profondamente. Si è unito un po’ controvoglia e un po’ no a Manizheh, madre di Nahri e Banu Nahida a sua volta, che progetta di detronizzare il padre di Ali.
Nahri, infine, è incastrata nel matrimonio con Munthadir, figlio dell’emiro Ghassan e tenta di destreggiarsi in questa nuova vita tra i doveri coniugali, le difficoltà di dover sottostare all’imperatore di Daevabad, il ruolo di medico Nahid e il suo desiderio di portare pace e unificazione tra le tribù del regno.
Naturalmente i nostri tre protagonisti si ritroveranno ben presto e emergeranno nuovamente tutte le pecche che li avevano contraddistinti nel primo, quindi si, boh raga.
Boh, raga perchè se avevamo lasciato due personaggi maschili improbabili - un daeva letale pericolosissimo cattivissimo con l’intelligenza di un cassetto e un principino viziato e bigotto - li ritroviamo qui a piena forza, più determinati che mai ad odiarsi e a comportarsi da persone immature. Ali torna il bigotto inflessibile e Dara torna il bambino ingenuo e impulsivo senza uno straccio di spina dorsale.
Boh, raga perchè la tematica che tanto mi era piaciuta nello scorso libro, ossia gli intrighi politici, è presente, ma priva dello sfarzo del primo. C’è, ma meno e in maniera più insignificante del primo, perchè ogni scelta che fanno i protagonisti e ogni piano che escogitano è continuamente mandato a cagare da qualcosa al di fuori del loro controllo.
Boh, raga perchè obiettivamente non succede niente e il punto è proprio qui, lo ripeto: in questo libro non succede assolutamente niente. Sono 600 pagine di vuoto cosmico che girano intorno alla costruzione di un fantomatico ospedale e che vogliono mostrare gli sforzi dei protagonisti diretti alla creazione di un mondo più inclusivo senza discriminazioni, ma tutto va in vacca sempre e comunque e si assiste impotenti al dispiegarsi degli eventi. 600 pagine di vuoto dove tutto ciò che deve accadere di importante accade nelle ultime 150-200 e crea i presupposti per un cliff-hanger che ci traghetterà al terzo. I colpi di scena ci sono, certo, ma cadono nel vuoto, perché ampiamente prevedibili almeno 100 pagine prima o perché direttamente annunciati e anticipati da uno dei personaggi.
Boh, raga perchè anche la povera Nahri, che è l’unica con un po’ di senno e che si rivela una donna forte e indipendente solo verso la fine, per il resto del libro è più o meno sempre la stessa ragazzina in balia di forze più potenti di lei che decide tutto guidata dal cuore e mai dalla logica (si ribella al re a caso, di punto in bianco e per quanto io abbia apprezzato vederla battersi contro le ingiustizie, che senso ha sottostare ai dettami di un despota per cinque anni e poi un giorno, così de botto, alzare la voce?).
Boh, raga perchè anche l’idea di questo passato così burrascoso e pieno di conflitti narrati talvolta come gloriose liberazioni e talvolta come genocidi a seconda di chi è interpellato che era così interessante e realistica nel primo è quasi assente ora. Persino questo aspetto è diventato insignificante, così come il world-building che se nel primo era interessante, ora è dato un po’ per scontato e non basta più da solo a reggere l’intera storia.
Il Regno di Rame è un libro monotono, dove davvero non succede nulla se non nelle ultime pagine e quello che succede non sorprenderà nessuno. E’ per altro un libro che, per quanto scritto bene e meno confusionario del suo precedessore, aggiunge ben poco alla ricca atmosfera già delineata nel primo. Si, i libri di mezzo sono sempre un po’ così e, si, questo sicuramente è solo un intermezzo che ci conduce al finale esplosivo, però… Boh. Mi aspettavo qualcosa di più o quantomeno mi aspettavo qualcosa.
Se la serie fosse finita con questo libro non la consiglierei e temo proprio che non proseguirò se non per vedere come finisce la vicenda.
Verdetto:
Peccato!
Rainy
"Un daeva letale pericolosissimo cattivissimo con l’intelligenza di un cassetto" mi ha stesa 🤣🤣🤣 povero Dara, in realtà è tutto meno che cattivo, per il resto la descrizione calza a pennello, specie per l'intelligenza di un cassetto, che anche il motivo per cui gli voglio così bene (e lo riempirei anche di schiaffi).
RispondiEliminaNon c'è un solo personaggio che NON riempirei di schiaffi, per quanto voglia generalmente bene più o meno a tutti (a te no, Ali, vai via). Sto leggendo L'impero di oro, adesso, mi sono un po' spoilerata il finale ma va bene così.
(P.S.: per caso vendi questo libro e/o l'intera trilogia?)