Buongiornissimo, amici!
Buon 2022 già che ci siamo e la domanda di rito: come avete passato le feste, come va?
Apriamo l’anno con la recensione (mentre aspettiamo venga pubblicata qualche data di uscita che ancora ci manca…) di un libro che ha spopolato l’anno scorso, che ha riscosso pareri positivi ovunque e dovunque e che ha entusiasmato i più. Un libro che pare essere una vera e propria coccola e tra le cose più dolci che mai abbiano calcato i nostri scaffali!
L’avrete capito, ma sto parlando de La Casa sul Mare Celeste!
Trama
Linus Baker è un assistente sociale impiegato al Dipartimento della Magia Minorile. Il compito che esegue con scrupolosa professionalità è assicurarsi che i bambini dotati di poteri magici, cresciuti in appositi istituti in modo da proteggere quelli “normali”, siano ben accuditi. La vita di Linus è decisamente tranquilla, per non dire monotona: vive in una casetta solitaria in compagnia di una gatta schiva e dei suoi amati dischi in vinile.
Tutto cambia quando, inaspettatamente, viene convocato nell’ufficio della Suprema Dirigenza. È stato scelto per un compito inconsueto e top secret: dovrà recarsi su un’isola remota, Marsyas, e stabilire se l’orfanotrofio diretto da un certo Arthur Parnassus abbia i requisiti per rimanere aperto.
Appena mette piede sull’isola, Linus si rende conto che i sei bambini ospitati nella struttura sono molto diversi da tutti quelli di cui ha dovuto occuparsi in passato. Il più enigmatico tra gli abitanti di Marsyas è però Arthur Parnassus, che dietro ai modi affabili nasconde un terribile segreto.
Un’incantevole storia d’amore ambientata in una realtà fantastica, meravigliosamente narrata, su cosa significhi accorgersi che, a volte, si può scegliere la vita che si vuole. E, se si è abbastanza fortunati, magari quella vita ci sceglie a sua volta.
Recensione
La Casa sul Mare Celeste è una storia su cui avevo certe aspettative ben definite e molto alte, ma di cui sapevo ben poco. Queste aspettative in sostanza si riassumono in: una storia dolcissima, una vera coccola su carta, una lettura di conforto piena di zucchero.
In effetti, LCSMC (e basta con questi titoli lunghissimi…) è un libro particolare che ruota intorno all’orfanotrofio dell’isola di Marsyas (e ai bambini che ospita) e all’assistente sociale Linus chiamato ad esaminarlo per decidere se farlo chiudere o meno, il tutto in un mondo dove la magia esiste e la cosa è di pubblico dominio, ma le creature magiche sono ancora fortemente stigmatizzate.
Ora, se avete visto La Sposa Cadavere vi ricorderete come il mondo dei vivi sia buio, freddo, grigio, tetro, mentre quello dei morti sempre in festa, colorato, allegro e vivace. Questo è un’espediente molto semplice, ma efficace per far notare a chi guarda (o legge, nel nostro caso) la superiorità di un mondo rispetto ad un altro. Ecco, anche LCSMC ripropone questo contrasto tra l’isola di Marsyas come posto felice, spensierato, gioioso e la città dove lavora Linus come triste, perennemente piovosa, rigida. Come avrete immaginato, il punto fondamentale del libro è il contrasto tra il mondo reale, che discrimina le creature magiche ed è un posto odioso e deprimente, rovinato dal proprio pregiudizio, e l’orfanotrofio dove tutto è meraviglioso e i bambini crescono felici pur sapendo che il mondo non sarà gentile con loro. Allo stesso modo è stridente il contrasto tra i bambini, entusiasti di ogni opportunità, e gli adulti che li temono, inariditi e inaciditi.
Il libro è in effetti molto bello, la storia è coinvolgente e T. J. Klune sa cosa fare per far commuovere il lettore nei punti giusti. Quello che a me è mancato è stato un messaggio forte e strutturato, ma mi spiego meglio: il libro ovviamente dopo averci introdotto alla vicenda di ogni bambino ospite dell’orfanotrofio e del suo gestore Arthur passa a narrare il graduale cambiamento di Linus, da freddo e oggettivo funzionario del governo deciso a fare solo il suo dovere ad appassionato animatore della vita dell’orfanotrofio, desideroso di rendere la vita dei bambini più entusiasmante possibile. Il messaggio di fondo è l’evoluzione di Linus e il suo comprendere che essere creature magiche, non rende i bambini dei mostri, ma semplicemente dei bambini. E’ quindi sbagliato che subiscano discriminazioni. Il messaggio si rifà quindi all’accettazione del diverso, all’evitare ogni discriminazione, alla condanna del razzismo. Tutto molto bello, MA più si va verso la fine più la vicenda personale di questi sei bambini diventa preponderante e alla fine della storia il focus è su di loro, sulle discriminazioni subite da loro, mai sulle discriminazioni in generale. Il tutto sarebbe stato incredibilmente più potente e rafforzato da un finale che vedesse Linus imbracciare una lotta contro le discriminazioni in qualsiasi orfanotrofio, deciso a modificare il sistema dall’interno e a salvare centinaia di bambini in più, fermamente convinto che accontentarsi di aver migliorato la vita dei sei ospiti di Marsyas non sia sufficiente. Il messaggio di fondo è quindi positivo, ma avrebbe potuto essere molto più tagliente e si perde per strada concentrandosi sui sei bambini protagonisti perdendo l’opportunità di spaziare in un messaggio più universale. Così non è e questa è una grande occasione mancata a mio parere, perché avrebbe potuto fare di un buon libro, un ottimo libro.
[SPOILER: Si, lo so che Linus ha rubato dei fascicoli. Ma quanti potrà mai averne rubato in un mese? 20? 50? 100? 300? E tutti gli altri bambini che vivono in condizioni precarie o che semplicemente non sono ancora ospiti di nessun orfanotrofio, ma lo saranno in futuro?
Si, so anche che l’orfanotrofio di Marsyas si amplierà e accoglierà nuovi bambini. Ma quanti? Per carità, ogni piccola goccia contribuisce a far traboccare il vaso ed è positivo che Arthur e Linus si impegnino in tal senso, ma sono comunque solo una goccia. Non sarebbe stato meglio cambiare le cose dall’interno e instaurare un circolo virtuoso più strutturato?]
Spenderei due parole sul protagonista, perché l’ho apprezzato molto. Linus è una figura integerrima, convinta dei valori in cui crede e del ruolo che ricopre e genuinamente attento al benessere dei bambini che vede negli orfanotrofi dove viene mandato. Ho apprezzato la sua crescita, il suo lento comprendere che pur essendosi sempre prodigato per i bambini che gli venivano sottoposti, la sua visione è sempre stata molto limitata e unilaterale (non si è mai ad esempio chiesto cosa accada ai bambini degli orfanotrofi che che lui ha fatto chiudere, perché non è mai stato compito suo). Ho anche apprezzato il suo rigore professionale e la sua determinazione a portare a termine il suo compito per conto del Dipartimento della Magia Minorile. La nota stonata per me è stata la storia d’amore, perché per quanto molto delicata e inserita nella trama in modo da non prevaricare il messaggio di fondo, ho trovato Linus un personaggio sentimentalmente molto immaturo, quasi un adolescente nonostante in teoria sia un adulto.
In generale, è un libro che mi è piaciuto molto, che sicuramente riesce a scaldare il cuore (nonostante molto spesso si rifaccia a frasi ad effetto dolciose buttate a caso lungo la narrazione e quindi un po’ stonate) e con dei personaggi ben distinti tra di loro ai quali è naturale affezionarsi. Non ha una trama particolarmente geniale o inaspettata, ma è sicuramente ben scritto ed efficace nel veicolare il proprio messaggio. Avrei però voluto un passo in più sul finale proprio perché le carte in regola c’erano tutte ed è un peccato vedere un’opportunità così ottima sprecata. In tutta onestà, penso che se il finale fosse stato di più ampie vedute ed incisivo in tal senso, sarebbe stato un 5/5.
Verdetto: ★★★★
Mi è piaciuto? Si. Avrei voluto di più? Si.
E voi cosa ne pensate?
A presto,
Rainy
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