Buongiornissimo, kaffè!
Come andiamo? Oggi ci attende un arduo compito: parlare dell’ultimo capitolo della serie La Guerra dei Papaveri, arrivata al suo culmine con La Dea in Fiamme, di cui oggi discutiamo. Ringrazio la CE per la copia digitale e le mie colleghe per avermi accompagnata in questo viaggio.
Trama
Dopo aver salvato il Nikan dagli invasori stranieri e aver combattuto l’infernale imperatrice Su Daji, Fang Runin è stata tradita dai suoi alleati e abbandonata in fin di vita.
Nonostante tutto ciò che ha perso, Rin non ha rinunciato a lottare per il popolo delle province meridionali, a cui ha sacrificato così tanto, e soprattutto per il suo villaggio natale, Tikany. Nel tornare alle sue radici, Rin dovrà fronteggiare ardue sfide, ma anche inaspettate opportunità.
I suoi nuovi alleati alla guida della Coalizione del sud sono astuti e infidi, ma Rin si accorge presto che a detenere il vero potere nel Nikan sono i milioni di cittadini comuni assetati di vendetta che la venerano come una dea salvatrice.
Appoggiata dal massiccio esercito del sud, Rin userà ogni arma per sconfiggere la Repubblica del Drago, i colonizzatori esperiani e tutti coloro che minacciano le arti sciamaniche e coloro che le praticano.
Acquisterà maggiore forza o influenza, ma sarà anche in grado di resistere al richiamo della Fenice, che la spinge a dare alle fiamme il mondo intero?
Recensione
Questo terzo libro è il terzo libro che non ci meritavamo, ma di cui avevamo bisogno. E’ un finale molto lungo e sebbene sia più scarso di avvenimenti se comparato ai libri precedenti, sicuramente non manca di emozioni.
Ritroviamo Rin con i pochi alleati di sempre in lotta per liberare il Sud dal dominio di quella che avrebbe dovuto diventare la Repubblica di Vaisra e dagli Esperiani, e in questo ultimo capitolo tutti i nodi vengono al pettine nella loro drammaticità.
La cosa che sicuramente mi ha colpito di più è il brusco cambio di toni nel corso del libro: da vera maestra di strategia e scrittura, Kuang ci ha abituato ai suoi fini stratagemmi militari e sconvolgimenti di potere e così questo terzo libro non può essere da meno. Da metà in poi, però, prevale un senso di inevitabilità e predestinazione, perché appare sempre più evidente che Rin e i suoi alleati sono vittime del progresso e affannano nello stare al passo con le esigenze del mondo reale e della tecnologia che avanza e che in questo nuovo mondo dominato dagli Esperiani - che altro non sono che la versione di Kuang per rappresentare gli Occidentali e la generale colonizzazione Occidentale dell’Asia - dovranno sempre ritagliarsi spazio con le unghie e con i denti. Il mondo va avanti senza gli sciamani e sebbene questi siano le creature più potenti mai esistite sulla terra, hanno difficoltà a gestire il mondo reale fatto di fame, carestie, commerci e intrighi politici e vengono facilmente soppiantati dalla maggiore efficienza Esperiana. In tal senso infatti, Rin è il perfetto esempio di sciamana potentissima, il migliore soldato che camminerà mai su questa terra, ma assolutamente incapace di governare un paese con efficienza e obiettività. Il finale, autenticamente emozionante, è la perfetta dimostrazione della lungimiranza dell’autrice, che ha voluto costruire questa epopea epica accompagnando il lettore mano nella mano insieme a Runin salvo poi fargli capire che il destino del mondo è diverso e che un equilibrio con l’Occidente colonizzatore è necessario per la sopravvivenza. Il confitto centrale del libro è difatti questo: da una parte la necessità di piegarsi al colonizzatori per sopravvivere, dall’altra il desiderio di vincere sull’Occidente e trionfare su tutto e tutti con le proprie forze per guidare la rinascita del continente e il libro è un capolavoro di rassegnazione, inevitabilità e di lotta contro un nemico apparentemente più debole, ma con un insormontabile vantaggio strategico che lo rende invincibile.
Proprio su Rin, sulla nostra eroina di Fuoco che ci ha accompagnato in questa epopea, spenderei due parole. Runin è allo stesso tempo una ragazzina sperduta e una Dea: è in grado di radere al suolo intere nazioni, ma non riesce a scrollarsi di dosso l’affetto per Nezha, la paura incontrollata che chiunque la voglia tradire, l’incapacità di fidarsi completamente di chi le ha dimostrato più volte di essere dalla sua parte. L’intelligenza strategica che non ha viene compensata dalla sua forza di fuoco e purtroppo spesso questo la rende più una ragazzina stupida e impaurita che il generale che in realtà è. Se a volte la sua stupidità raggiunge dei picchi di irrealismo per un membro dell’elite della Sinengard che ne ha viste di tutti i colori e ha raso al suolo intere città solo con il proprio fuoco, è pur vero che Runin è una ragazzina sola, fragile, in perenne lotta con una Dea che teme, ma di cui ha bisogno e che fondamentalmente si sente inadeguata al ruolo che le è stato dato. Questo diventa man mano sempre più palese fino al finale, dove le sue insicurezze vengono fuori prepotentemente e conducono il lettore all’unico scioglimento possibile.
Di Kuang mi sento di lodare l’obiettività: non ha cercato il lieto fine per tutti i personaggi, perché sarebbe stato assolutamente irrealistico, ma ha invece scelto un equilibrio finale che è sensato date le premesse e molto ben costruito data la costruzione psicologica, le azioni di tutti i protagonisti e la storia dell’intero continente del Nikan, destinata a ripetersi in perenne lotte di potere, scontri tra triadi rivali e guerre civili.
Seppur però sia un terzo libro splendido, emozionante, giusto nella sua crudeltà e razionalità, non è perfetto, perchè Kuang talvolta pecca ancora di ingenuità: se infatti è maestra nel descrivere la crudeltà della guerra e l’orrore della violenza, a volte è priva di realismo. Ci sono troppi personaggi assolutamente overpowered, che Kuang è stata costretta a eliminare in un delirio di deus ex machina poco elegante e poco realistico (e vorrei ricordare anche in questo caso le Leggi di Sanderson: i poteri magici di un personaggio devono sempre essere inferiori delle limitazioni degli stessi, altrimenti si crea un personaggio assimilabile ad una divinità che non può essere sconfitto in un alcun modo. Ecco.), e ci sono dei passaggi in cui gli orrori della guerra che sono quasi sempre rappresentati con tanta vividezza, vengono commentati dai personaggi con eccessiva ingenuità e orrore, come se non fossero cose assolutamente normali con cui hanno a che fare da anni (c’è una scena dove Rin si stupisce che dei suoi sottoposti, in una situazione di totale mancanza di forme di nutrimento, si nutrano dei cuori e dei fegati dei loro compagni morti in battaglia. Perché??). Quindi è un libro molto ben costruito, ma che qua e la presenta qualche scivolone.
In definitiva, però, leggete questa serie e non mi stancherò mai ripeterlo. Le punte di diamante dei libri precedenti ci sono ancora tutte: fine strategia militare, l’arte della guerra nella sua forma più pura, intrighi politici ed economici e le difficoltà nel governare un paese in guerra e in carestia tentando di non soccombere al nemico e non morire di fame al tempo stesso. Ci sono i personaggi che tanto avevamo amato nei libri precedenti, ancora più spietati e incattiviti dalla guerra e c’è un finale autenticamente emozionante dove l’umanità di ogni personaggio prende il sopravvento.
Ripeto, leggete questa serie.
Verdetto:
★★★★¼
Un finale di tutto rispetto.
A presto,
Rainy
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