8 agosto 2015

Recensione Fuga dal Campo 14 - Blaine Harden

Buongiorno a tutti :3,
questo non è un post come gli altri, perché il libro di cui parliamo oggi è un libro diverso dagli altri.
E' un libro particolare, non un Y/A, totalmente privo di romance o di fantasy. E' una storia vera. Una storia che va recensita per forza e di cui si parla troppo troppo poco.
Il libro in questione è, appunto, Fuga dal Campo 14, biografia curata da Blaine Harden di Shin Dong-Hyuk, nordcoreano nato nel peggiore campo di concentramento del suo paese e tutt'oggi unico sopravvissuto a una fuga da quel terribile luogo.

Sono perfettamente consapevole che in questo caso la recensione è insufficiente, perchè non si può parlare di questo libro come "bello" o "brutto", "godibile" o "noioso", in quanto non è un semplice libro, ma una testimonianza di un problema largamente sottovalutato.

Spero di non annoiarvi con questo post differente dagli altri. Nel qual caso non foste interessati alla recensione - che vi suggerisco comunque di leggere giusto per farvi un'idea del problema di cui si parla qui - saltate direttamente alla fine del post dove c'è un'importante domanda che voglio farvi, totalmente differente dall'argomento del post. Grazie.


La trama

 "Shin Dong-hyuk è l'unico uomo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord ad essere riuscito a scappare. La sua fuga e il libro che la racconta sono diventati un caso internazionale, che ha convinto le Nazioni Unite a costituire una commissione d'indagine sui campi di prigionia nordcoreani. Il Campo 14 è grande quanto Los Angeles, ed è visibile su Google Maps: eppure resta invisibile agli occhi del mondo. Il crimine che Shin ha commesso è avere uno zio che negli anni cinquanta fuggì in Corea del Sud; nasce quindi nel 1982 dietro il filo spinato del campo, dove la sua famiglia è stata rinchiusa da decenni. Non sa che esiste il mondo esterno, ed è a tutti gli effetti uno schiavo. Solo a ventitré anni riuscirà a fuggire, grazie all'aiuto di un compagno che tenterà la fuga con lui, e ad arrivare a piedi e con vestiti di fortuna in Cina, e da lì in America.
Questa è la sua storia."




Già, ma... Chi è Shin?


(Dal retro del libro) Shin Dong-hyuk è nato nel 1982 in uno dei più terribile campi di prigionia nordcoreani, il Campo 14. Oggi, dopo qualche anno trascorso negli Stati Uniti, vive in Corea del Sud, e dedica la sua vita da uomo libero a far conoscere le altrocità del regine della Corea del Nord. E' testimone Numero Uno della Commissione ONU che indaga sui crimini del regine nordocoreano verso i suoi cittadini.


Recensione
Parlare di questo libro non è difficile in sè, perchè non è una storia come quella di Se questo è un uomo, quindi esclusivamente una narrazione di fatti crudeli appartenenti al passato, ma differenzia dal suddetto esempio per almeno due motivi: il primo è che Blaine Harden non si limita a narrare le vicende accadute a Shin così come egli gliele ha raccontate (e Harden stesso afferma come Shin gli abbia più volte mentito, abituato fin da piccolo a non fidarsi di nessuno), ma le arricchisce di dati e dettagli riguardanti la Corea del Nord: articoli di giornale, rimandi ad altre interviste o ad altri libri tutti sullo stesso argomento. 
Il secondo motivo è che i fatti narrati non sono per niente appartenenti al passato perchè i campi di concentramento in Corea del Nord sono stati lì per un lasso di tempo doppio rispetto a quelli nazisti e sono tutt'oggi lì, circondati dal segreto.

"In questo paese non c'è alcun problema legato ai diritti umani. Tutti conducono una vita dignitosa e felice. [Agenzia stampa di Stato della Corea del Nord, marzo 2006]"

Il libro si apre con questa beffarda citazione e benchè fossi già a conoscenza della situazione politica e culturale della Corea del Nord, questa frase mi ha colpito ugualmente perché è la prova tangibile, stampata nero su bianco, di come la Corea del Nord cerchi di nascondere quanto inevitabilmente avviene nel proprio territorio, nonostante lo sappia perfettamente.

La storia di Shin si apre con il più macabro dei quadri, nonchè il suo primo ricordo: un'esecuzione. 
Ci vengono spiegati i primi anni di vita di Shin, come suo padre e sua madre fossero stati scelti per accoppiarsi e avere dei figli, lui e il fratello maggiore, i suoi anni a scuola a subire le angherie dei maestri e dei capoclasse e la filosofia di vita che gli è stata inculcata fin dai primi giorni: non fidarsi di nessuno, mangiare finché si può e fare la spia per ottenere un trattamento migliore, o almeno provarci.

Da notare come Shin sia nato dentro il campo e ciò vuol dire che non aveva mai conosciuto altra realtà all'infuori di quella e considerava tutto ciò che gli accadeva assolutamente giusto e normale.

Una delle parti che mi ha toccato di più è stata la prigionia di Shin: rinchiuso per otto mesi in una prigione sotterranea, torturato e interrogato perchè spiegasse come avevano fatto la madre e il fratello a provare a fuggire, il ragazzo è ridotto in fin di vita e il lettore è indotto a credere che nell'intero campo non ci sia un solo individuo solidale o che conservi una parvenza di umanità visti i molteplici tradimenti subiti, ma anche compiuti, da Shin stesso; improvvisamente però un lampo di luce in tutto quel male: un prigioniero come lui, chiamato lo Zio, lo salva senza alcun tornaconto personale, lo cura e riesce a farlo sopravvivere; come Shin affermerà, se non ci fosse stato lo Zio e se egli non l'avesse curato, in quella prigione sotterranea lui sarebbe morto. Una volta uscito di prigione, però, Shin non lo vede mai più.

"Negli anni a venire il pensiero di quel vecchie incontrato nella prigione sotterranea sarebbe stato ben più frequente e affetttuoso di quello che avrebbe rivolto ai suoi stessi genitori. Ma dal momento in cui le guardie lo condussero fuori dalla cella e rinchiusero la porta, Shin e lo Zio non si rividero mai più."

Uscito di prigione Shin assiste all'esecuzione della madre e del fratello che egli aveva tradito confessando il loro piano di fuga. Questa esecuzione gli ritornerà spesso in mente una volta lasciata la Corea del Nord ed è interessante vedere come la mentalità di Shin cambi man mano che viene a conoscenza del mondo al di fuori del Campo 14: dapprima non prova alcun rimorso, poi quando capisce sufficientemente la brutalità di quel mondo che lui aveva sempre considerato normale, è distrutto dal senso di colpa, che non lo abbandonerà mai.

Una volta finite le scuole Shin viene assegnato dapprima al settore agricolo del campo - settore dove c'è più cibo e dove è più facile rubarlo - e poi alla fabbrica di tessuti, nella quale conosce il personaggio chiave di Park Yong Chul. Egli, prigioniero politico di Pyongyang, racconterà a Shin tutto ciò che si è perso avendo sempre vissuto dentro il campo: l'esistenza di un grande stato a nord chiamato Cina dove tutti sono liberi, l'arretratezza del loro paese, i cibi meravigliosi che si trovano fuori dalle mura... Park instillerà in Shin l'idea di scappare per mezzo di un piano molto semplice: con l'occasione di un lavoro vicino alla recinzione, i due si allontaneranno dal gruppo, la attraverseranno e scapperanno, poi Park stesso li guiderà in Cina dove verranno ospitati da dei suoi parenti. Il piano è senz'altro troppo ottimista e inevitabilmente qualcosa va storto, anche se il momento della fuga rappresenta uno dei momenti più particolari del libro.
Il giorno del lavoro vicino alla recinzione i due provano a passare in mezzo al filo elettrificato, ma Park muore fulminato e cade sulla parte bassa della recinzione, spingendola a terra. Shin, senza pensarci due volte, sfrutta il cadavere di Park, quello stesso Park che gli aveva parlato di prelibatezze e terre meravigliose al di là della recinzione, per superare la recinzione e scappare, correndo, nella neve.

Da qui in poi Shin vagabonderà in diversi paesotti della Corea del Nord e infine passerà in Cina corrompendo una guardia sempre in una condizione economica precaria, vagabondando e totalmente privo delle conoscenze necessarie a ricostruirsi una vita. Infine, in Cina, un giornalista lo porterà all'ambasciata della Corea del Sud dove Shin inizierà la sua nuova vita come attivista. 

Bisogna dire, però, che subito Shin non si darà affatto da fare per diffondere la sua testimonianza, anzi, spesso mentirà e terrà per sè molti dettagli abituato a non potersi confidare con nessuno e ancora psicologicamente "dentro" il Campo. Come dice l'autore nel libro, per molto tempo Shin era fisicamente fuori dal Campo, ma nella sua mente non era mai scappato.

"Ha un gran bisogno di capire ed elaborare le ragioni della sua sopravvivenza al campo, e non credo ci sia ancora riuscito."

"Sono fuggito fisicamente" disse, "ma non psicologicamente"

Fino alla svolta: Blaine Harden viene invitato a una conferenza stampa di Shin nel febbraio 2011 e trova un uomo nuovo. Un uomo che ha affrontato la sua storia e ha imparato a raccontarla, a fidarsi e a confidarsi. Da quel discorso estremamente toccante comincia il percorso del nuovo Shin che, finalmente, ha preso il controllo del suo passato.

E' ovviamente un libro duro, triste per quasi la totalità della narrazione, ma è estremamente difficile parlarne, almeno per me, perchè ho decisamente l'impressione di non rendere giustizia alla potenza di questa storia, che meriterebbe di essere pubblicizzata e narrata a lungo per far conoscere questo problema. Da non credere che sia un fenomeno ormai isolato: i campi esistono ancora e decine di migliaia di persone vi sono rinchiuse dentro, ma stranamente il mondo rimane indifferente davanti a questa problematica
La narrazione è comunque addolcita dall'autore che non descrive le torture nei particolari o le scene più cruente con un occhio di riguardo alla violenza, ma le accenna appena descrivendo lo stretto indispensabile e lasciando gran parte del lavoro all'immaginazione del lettore.


"LE DIECI REGOLE DEL CAMPO 14 (estratto)

1. Non provare a scappare
Chiunque venga sorpreso a tentare una fuga verrà fucilato all'istante.
Ogni testimone che non denunci un tentativo di fuga verrà fucilato all'istante. [...]

2. E' vietato formare gruppi di due o più prigionieri 
[...] Fuori dal lavoro, i prigionieri non possono formare alcun tipo di gruppo senza permesso.

3. Non rubare
[...]

4. Agli ordini delle guardie bisogna sempre obbedire incondizionatamente 
[...]

5. Chiunque avvisti un fuggitivo o figura sospetta è tenuto a denunciarlo immediatamente
[...]

6. I prigionieri devono tenersi sotto controllo a vicenda e denunciare immediatamente qualsiasi comportamento sospetto
[...]

7. Ogni prigioniero deve portare a termine tutto il lavoro che gli viene assegnato quotidianamente 
Se i prigionieri trascurano il lavoro quotidiano o non riescono a raggiungere la quota di produzione desiderata, si penserà che nutrano del risentimento e per questo verranno fucilati all'istante. [...]
Raggiungere la propria quota di produzione equivale a purgarsi dei propri peccati e ricompensare lo Stato per la clemenza mostrata. [...]

8. Fuori dal luogo di lavoro non è ammessa interazione tra persone di sesso diverso per motivi personali
[...]

9. I prigionieri devono pentirsi sinceramente dei propri errori
[...]

10. I prigionieri che violano le regole e i regolamenti del campo verranno fucilati all'istante
Ogni prigionieri deve vedere in ogni guardia un maestro, e attenendosi alle dieci regole del campo piegarsi al duro lavoro e alla disciplina per potersi ripulire degli errori passati."

Con questa recensione io consiglio vivamente di leggere questo libro, poetico a tratti, toccante e spietato alternativamente, anche solo per informarsi superficialmente su questo problema, ma forse questo sarà il primo passo verso una campagna di sensibilizzazione più accurata e diffusa.

Vi lascio il video della storia di Shin in un film realizzato da Marc Wiese.


Spero di avervi incuriosito a leggere questo libro, molto diverso dal solito e - mi rendo conto - non facile, ma ne vale la pena.

Ciao a tutti,
#Rainy

(PS: la domanda che esula dal post è la seguente: che ve ne pare di un contest di scrittura un po' particolare? Che premi pensate sarebbero adatti? Grazie per il contributo :3)

4 commenti:

  1. Una bellissima recensione, molto dettagliata, mi ha fatto effettivamente rivivere il libro e mi avrebbe messo addosso molta curiosità se non l'avessi letto :)

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  2. Questo libro mi ha fatto soffrire per settimane, dopo averlo chiuso. Terribile. Ma apre gli occhi e ci fa porre davvero tante, tante domande. Brava che ne hai parlato. Merita davvero.

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    1. Anche io ho vissuto con un'angoscia terribile per settimane e mi chiedo perchè si parli così poco di questo argomento... Dovevo parlarne, insomma: grazie per il supporto.

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